Chirurgia della mammella


Il tumore della mammella, attualmente, ed a ragione, viene considerato curabile pertanto,

oltre alla radicalità oncologica, i chirurghi, a qualsiasi ramo appartengano, chirurghi

oncologi, chirurghi plastici, vogliono, categoricamente, garantire alle pazienti un risultato

estetico ottimale. Questo significa che ad ogni atto di chirurgia demolitiva deve seguire un

equivalente ed imprescindibile atto di chirurgia ricostruttiva.

Oggi si va sempre più affermando la figura professionale del chirurgo oncoplastico capace

di soddisfare entrambe le esigenze. Si tratta di personale addestrato ad affrontare

qualunque opzione chirurgica in tempo reale.

Non tutti i centri chirurgici riescono a garantire tale figura, pertanto ogni paziente dovrebbe

affidarsi ai centri che offrono tale tipo di professionalità.

Il Congresso di Senologia, l’EU.SO.MA. ( European Society of  Mastology ) –

Firenze 1998, grazie alla collaborazione di esperti nazionali ha prodotto un basilare

documento conclusivo di consenso: ” la chirurgia ricostruttiva della mammella è da

ritenersi parte integrante del trattamento chirurgico delle neoplasie mammarie”.

Tuttavia questo discorso non deve essere applicato soltanto alle patologie maligne della

mammella, ma a tutti i tipi di chirurgia che implicano la mammella.

Pertanto, nell’ambito della chirurgia conservativa, la ricostruzione, o rimodellamento della

ghiandola mammaria, si rendono necessari in tutte le situazioni chirurgiche che lo

richiedano e sarebbe auspicabile se non tassativo che le chirurgie demolitive fossero

seguite, nello stesso tempo chirurgico ovvero contestualmente, dalla ricostruzione. Questo

comporta dei notevoli vantaggi psicologici alla paziente che, in questo modo, dovrà

sottoporsi ad un unico intervento chirurgico, ove possibile. Chirurgia della mammella non

deve più significare menomazione o mutilazione della donna, qualunque sia la sua

patologia e la sua età anagrafica, non tralasciando però un caposaldo rappresentato dal

fatto che ogni paziente necessita di un trattamento chirurgico differente dalle altre. Ogni

paziente deve essere ricostruita con metodiche e tecniche che più si addicono alla sua

patologia.

La quadrantectomia, associata o meno all’asportazione del linfonodo sentinella,

rappresenta ancora il trattamento di scelta per la maggioranza delle donne con neoplasia

mammaria. I casi di mastectomia si riducono a circa il 25%, anche se oggi si sta

osservando ad una controtendenza dovuta alla diagnosi sempre più precoce in donne

sempre più giovani. A questo fine, la chirurgia oncoplastica permette attraverso la skin

sparing mastectomy o la nipple sparing mastectomy di conservare gran parte della cute ed

il complesso areola-capezzolo che rappresentano gli elementi caratterizzanti la mammella

ed il simbolo per eccellenza di femminilità, permettendo inoltre una ricostruzione

mammaria immediata.

Il linfonodo sentinella rappresenta ormai il gold standard per la stadiazione della neoplasia

mammaria. Cos’è il linfonodo sentinella? Il linfonodo sentinella erroneamente viene

considerato dai pazienti “come il segno che qualcosa sia già partito dal tumore”. In realtà il

linfonodo sentinella rappresenta solo il primo/i linfonodo/i di una intera catena linfonodale

evidenziato attraverso la linfoscintigrafia e pertanto l’ipotetico “centro di concentrazione di

cellule tumorali partite dal tumore primitivo”. Bisogna immaginare come se le cellule

tumorali partissero da una stazione centrale dei treni e attraverso un trenino metropolitano

facessero tappa in una serie di stazioni. La prima stazione in cui il trenino si ferma è il

linfonodo sentinella. Pertanto l’asportazione chirurgica dello stesso e la sua analisi,

secondo ferrei protocolli indica lo stato ascellare e pertanto sarà, insieme ad altri fattori

prognostici, responsabile della terapia personalizzata a cui dovrà essere sottoposta la

paziente.