Riabilitazione

RIABILITAZIONE FISICA E PSICHICA DOPO INTERVENTI AL SENO

Come nella grande maggioranza degli interventi, la riabilitazione motoria per le

pazienti che hanno subito un’operazione alla mammella rappresenta un importante

momento per un completo recupero funzionale dell’attività fisica e per la

prevenzione del linfedema (gonfiore del braccio), che può manifestarsi in seguito

alla completa dissezione ascellare ovvero all’asportazione dei linfonodi

dell’ascella. Questa complicanza colpisce circa il 9-14 % delle donne operate.

Tuttavia, grazie ai moderni presidi chirurgici, la percentuale tende annualmente a

ridursi. Se la donna operata attua, diligentemente, tutte le procedure della

prevenzione, la percentuale delle complicazioni scende al di sotto dell’8 %.

Elemento imprescindibile è la protezione massima che deve essere fornita nei

confronti del braccio operato: bisogna evitare di imbracciare le borse, soprattutto

quelle della spesa, evitare di portare pesi, proteggere il braccio dalle punture di

insetto (veicolo di infezione), detergere quotidianamente il braccio con creme

emollienti, evitare ferite o traumatismi, detergere e disinfettare attentamente le

ferite, evitare l’esposizione a fonti di calore quali stufe o camini, evitare manovre

infermieristiche o chirurgiche (quando possibile) sul medesimo braccio.

In caso di comparsa di gonfiore al braccio, è necessario consultare subito il proprio

medico o il chirurgo di riferimento, prima che le complicazioni più gravi

sopraggiungano. Utile, come ormai di routine fanno le donne operate, è

l’esposizione del seguente messaggio da lasciare nel proprio portafogli, qualora si

andasse all’estero per viaggi di lavoro o piacere: “As a consequence of a

mastectomy, on my RIGHT (LEFT) ARM blood pressure cannot be taken and

blood test – or any other form of injection – cannot be made. In an emergency,

please us my LEFT (o RIGHT) ARM”.

In caso dovessero manifestarsi i sintomi del linfedema ovvero calore, gonfiore,

dolore, rossore, bisogna subito pensare ad una terapia farmacologica con

antibiotici, antiinfiammatori ed eparina, in modo da facilitare la fluidificazione del

sangue e prevenire infezioni gravi. Alla terapia medica, devono essere associati

una adeguata terapia fisica basata sul linfodrenaggio ed, eventualmente, bendaggio

con manicotto regolabile. Nel caso del linfedema è ovviamente consigliato di non

portare bracciali od anelli, reggiseni stretti che possano fungere da ostacolo al

drenaggio della linfa. Gli esercizi da eseguire quotidianamente sono pochi e

semplici.

 

Esercizio della “pallina di spugna”:

a. Tenere la pallina di spugna nella mano del lato operato

b. Inspirare da ferma

c. Espirare e muovere il braccio verso l'alto a gomito esterno aprendo e

chiudendo la mano

d. Inspirare e ritornare, espirando, in posizione di partenza

Esercizio detto del ”ragno” :

a. In piedi avanti ad un muro (faccia al muro) con i piedi uniti (circa 10-15 cm

dal muro). Mano del lato operato appoggiata al muro a voler mimare la

forma di un ragno (può essere associata nel movimento anche l’altra mano

per facilitare la risalita dell’arto operato)

b. Inspirare da ferma

c. Espirare e muovere la mano verso l'alto, il più in alto possibile, con l'aiuto

delle dita

d. Inspirare e ritornare, espirando, in posizione iniziale

Esercizio delle spalle:

a. In piedi spalle ad un muro (nuca al muro) con i piedi uniti (circa 20-25 cm

dal muro). Mano del lato operato in alto

b. Inspirare da ferma

c. Espirare e muovere la mano verso l'alto flettendo il gomito verso la scapola

opposta cercando di portarla più in basso possibile

d. Inspirare e ritornare, espirando, in posizione iniziale

Esercizio della pallina “antistress”

Porre una pallina antistress nella mano del braccio operato ed aprire e

chiudere la mano molteplici volte mentre si legge un libro oppure si guarda

alla TV.

Bisogna tuttavia considerare che la vera terapia riabilitativa, per quanto mi

riguarda, al di là di quella motoria, è quella che implica un riequilibrio della psiche,

deteriorata non solo dalla chirurgia, ma e soprattutto quale substrato dal quale il

tumore ha attinto linfa per poter emergere. Come ipotizzato già centinaia prima

della chirurgia moderna, il cancro colpisce le pazienti a causa di un alterato

meccanismo di difesa del sistema immunitario che riceve fallacemente

informazioni dal sistema nervoso centrale. In poche e comprensibili parole, il

decadimento, dell’equilibrio psicofisico dovuto a più fattori di stress, causa un

difetto di comunicazione tra il cervello e le cellule deputate alla distruzione delle

cellule maligne: il tumore comincia ad evadere dalle difese immunitarie e comincia

la sua ascesa al potere. Si pensa che le donne vengano colpite dal cancro a causa di

alterazioni immuno-vegetative dovute a problematiche psicologiche irrisolte della

propria passata esistenza. Naturalmente, è comprensibile che il tumore sia una

risultante genetica oppure il prodotto in negativo di fattori ambientali, stile di vita

errato, ma soprattutto di alterazioni gravi dell’assetto ormonale femminile, dotato

di fine equilibrio che può essere facilmente alterato da fattori patogeni. A questo,

bisogna aggiungere che un ruolo sulla psiche, già compromessa, viene giocata

dalla notizia della diagnosi e dalla deturpazione futura o presente che l’intervento

chirurgico andrà o ha già provocato. Altri fattori correlati sono i mutati rapporti

interelazionali o sociali, la paura di esporsi in pubblico, di apparire non più

femminili, mutilate, non più donne. Tutto questo necessita di un intervento

psicologico mirato e personalizzato da donna in donna. Lo scopo del sostegno

psicologico deve emergere dal presupposto che la donna debba ripartire da un

nuovo punto “ZERO”, un nuovo punto di rinascita a nuova vita, come se il tumore

le avesse fornito occhi nuovi per guardare alla nuova esistenza alla quale si sta

affacciando. Deve porre il proprio “IO” al centro dell’ambiente che la circonda, far

riemergere quella individualità che fino ad allora era stata sepolta da paure e

costrizioni. Deve assolutamente provvedere a cancellare ciò che la rende schiava

delle sue paure, eliminare quei fattori che interiormente hanno provocato la

necessità di far emergere qualcosa di brutto pur di tenerli a bada o nascosti, a volte

incomprensibili o volutamente tali. Le angosce, quelle derivanti dalla malattie e

quelle che l’hanno cagionata devono essere rielaborate fino alla vittoria finale sulla

malattia. In questo caso il sostegno dello psicologo è consigliabile, tuttavia la

donna è in grado di affrontare il tutto anche da sola. La sensibilità femminile è

intuitivamente più spiccata rispetto a quella maschile, con le dovute eccezioni, ed a

volte è talmente dirompente che può portarla anche all’autodistruzione come

avviene nel caso del tumore. La stessa sensibilità la trascinerà fuori da questo

tunnel. La donna affetta da neoplasia mammaria, intimamente conosce il suo

nemico, la sua angoscia, sa cosa può aver liberato l’alieno di cui parlava la Fallaci.

Deve fissare le sue idee, organizzare una difesa intima, offre al tumore una identità

a volte circondata da sfottò e parolacce. Alcune lo vedono come un nemico che

proviene dall’esterno, altre come un elemento proprio che non riescono a gestire,

altre come una giusta punizione, altre ancora come una liberazione, altre come una

lezione, un attacco alla propri autostima con associati sentimenti di vergogna e

frustrazione. Accettare queste paure e questi sentimenti contrastanti è l’arma

migliore per far emergere il vero “IO”. Molti tralasciano tutti questi elementi come

fattori scatenanti, rinchiudendo tutte le colpe in una dicotomia: cancro ed

intervento. Tuttavia, in virtù di quanto fino ad ora esposto, mi sento di dire che

l’intervento può essere considerato marginale, ma quello che è alla base del cancro,

quello rappresenta il vero bersaglio della paziente e del medico che la prende per

mano. La chirurgia oncoplastica ricostruttiva ha un ruolo fondamentale nel

restituire alla donna una “dignità fisica” che facilita il percorso di recupero

dell’autostima. I pensieri di morte, di abbandono nei confronti dei figli, la perdita

della femminilità, la non accettazione di sé, la supposta non accettazione da parte

del partner, il calo della libido sono elementi su cui bisogna focalizzare

l’attenzione, ma non solo la paziente deve seguire questo consiglio, quanto il

medico che la “inizia” a questa nuova dimensione. Bisogna guarire prima l’anima

ancora prima che il fisico. A questo obiettivo deve lavorare il contesto familiare,

quello medico e quello psicologico: l’esaltazione egli elementi positivi che

possono riscontrarsi nel percorso della malattia o meglio del recupero dalla

malattia. Bisogna evitare una atteggiamento di negatività, rassicurazioni inutili,

depressione futile, e contrastare il pessimismo masochistico e rinunciatario che è il

primum movens verso la disintegrazione dei rapporti personali con familiari e

partners. Bisogna partire, scrivendolo a lettere cubitali nella propria mente dal

presupposto che il Cancro, si chiamiamolo per nome, PUO’ ESSERE

SCONFITTO!, ed aggiungerei: DEVE ESSERE SCONFITTO!!!